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Problematicità pedagogica

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Problematicità pedagogiche


La
pedagogia è una disciplina critica. Mette spesso in discussione aspetti laddove sono presenti apparenti certezze. Ma è anche una disciplina scomoda. Per di più, sul piano epistemologico, "debole". E un poco più debole della psicologia che a sua volta è debole di fronte alla medicina o alla psichiatria.

Perchè la medicina è epistemologicamente "forte"? Per il semplice fatto che lavora, in modo scientifico, su "oggetti concreti". Un cuore, una milza ed un fegato, sono facilmente individuabili, misurabili, osservabili e le sperimentazioni facilmente replicabili. Un'emozione, un pensiero, un comportamento, una scelta, un processo evolutivo, certamente meno. E' a questo punto che
ontologicamente inizia l'indebolimento della psicologia, della pedagogia nelle sue relazioni ed implicazioni educative.

Il pensiero, l'emozione, un'esperienza di formazione, non possiedono un colore, una forma (eccezion fatta, ad esempio, per le moderne ricerche neuropsicologiche che attraverso l'utilizzo di strumentazioni all'avanguardia riescono a "vedere" quanto accade nel cervello).

La psicologia studia anche il
comportamento che è oggettivo, misurabile, osservabile. E i comportamentisti, i gestaltisti, i cognitivisti, presentano ciascuno i propri punti di vista e strumentazione.

Ma dietro quei comportamenti ci sono Persone con una storia individuale, convizioni politiche e religiose, inserite in un quadro storico, politico e sociale preciso, con una organizzazione familiare da gestire, con situazioni ordinarie e quotidiane diversissime tra loro. Emozioni, sentimenti, apprendimenti, esperienze che, di volta in volta, giorno per giorno, cambiano continuamente lo scenario, il contesto nel quale avvengono. Aspetti che divengono, in temine statistico, variabili. Situazioni
micro che a voler rispondere a tutte le domande che genererebbero, se sottoposte al rigore del metodo scientifico (sperimentazione, misurazione, categorizzazione, statistica, etc.) ci si perderebbe la testa.

E spesso si fa la scelta, più o meno in buona fede (in senso scientifico) di eliminare quei
residui di incertezza che l'ordinaria quotidianità educativa porta con sé. Ma le persone, gli educatori, i genitori, i bambini, i ragazzi, gli insegnanti vivono tutti i giorni in questa realtà, spesso fatta di cose veramente piccole.

Misurabili si, ma sino ad un certo punto. Oltre al quale arriva la
complessità.
La vita umana, la sua crescita ed
evoluzione, ha un comportamento non dissimile dal comportamento delle particelle sub-atomiche che, dal momento in cui le osservi troppo da vicino, iniziano ad assumere valori che mettono duramente alla prova, se non già definitivamente in crisi, le convinzioni sulla quale sino ad oggi si è basato il nostro progresso e non solo tecnologico. Siamo in pratica vicini ad un cambio di paradigma.

I bambini nascono, non certamente per merito del metodo scientifico (anche se, in certe occasioni, questo può essere vero) o della filosofia.

I bambini nascono anche senza il mondo delle idee di Platone o la Metafisica di Aristotele o l'acceleratore di particelle di Ginevra. La vita si svolge da sè e con sè porta domande, tutti i giorni e soprattutto nel campo educativo e auto-educativo.

"Non è il pensiero che insegna a vivere alla vita, ma la vita che insegna al pensiero a pensare" (A. Banfi - La problematicità dell'educazione e il pensiero pedagogico - Firenze - La Nuova Italia - 1973).

L'atto più
intelligente che una persona possa fare è quello di evolversi, crescere, nelle direzioni in cui meglio crede e sempre nel rispetto dell'altro, a tutti i costi; cercando di lasciare a chi resta ed a chi verrà un contributo per il futuro. Ma queste sono anche categorie valoriali intrise di pedagogico e che mal si adattano a stare sopra un bilancino di precisione. Così come credo ognuno di noi.

Si tratta in sintesi di comprendere che siamo immersi in un processo scientifico-culturale che porta con sè il carico e la
responsabilità della complessità. Un concetto ed una teoria che genera modelli interpretativi della realtà non troppo dissimili anche da quanto fin qui scritto.

E infine. La
dimensione pedagogica, con la quale ci confrontiamo tutti i giorni (e trasversalmente presente in tutti gli ambiti scientifici e di ricerca), ci costringe ad operare (interventi educativi, ricerche, indagini, etc.) nel qui ed ora, spesso navigando a vista; certamente all'interno di un progetto, ma sempre accompagnati dalla problematicità della crescita, della formazione di quel bambino, di quella persona, di quel gruppo, di noi stessi.
E per ben governare questa problematicità è necessaria un'assunzione di responsabilità che attraversi l'atto formativo. Una
responsabilità pedagogica senza la quale si svuota di significato qualunque obiettivo o strategia.


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