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Osservare il bambino o parlare solo con i genitori?

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Mela - 9 aprile 2008

Domanda: Osservare il bambino o parlare solo con i genitori?

Sono una pedagogista all'inizio della professione. Lavoro come educatrice in un asilo nido-scuola materna e conduco gruppi di incontro per genitori su temi pedagogici di sostegno alla genitorialità. Mi è capitato di avere presso la struttura in cui lavoro un bambino di 6 anni (frequenta l'ultimo anno di scuola materna) molto aggressivo. I genitori mi hanno chiesto un aiuto. Ho pensato di incontrarli per parlare e capire con loro quale può essere la causa scatenante del problema. Vista la sua esperienza pensa che possa essere utile per me passare del tempo anche con il bambino o crede che sia sufficiente vedere solo la famiglia e basarmi sui loro racconti per capire se c'è qualcosa che loro personalmente possono fare per mettere fine a questo comportamento? Specifico che conosco poco il bambino perchè ha passato nella mia scuola solo 6 giorni in occasione delle vacanze di pasqua. Spero possa darmi qualche consiglio in merito.
Grazie e buon lavoro.


RISPOSTA
Di fronte ad una richiesta di aiuto bisogna comprenderne bene la tipologia, sempre. Potrebbe capitare, ad esempio, che dietro al comportamento aggressivo del bambino ci sia un conflitto tra genitori che, dal mio punto di vista, non è "trattabile" sul piano pedagogico in senso stretto. Accettando di incontrarli, è fondamentale capire se e in che cosa è possibile realmente aiutarli.
Quando i genitori chiedono un aiuto spesso la richiesta si conclude con un "che cosa possiamo fare?" Ed è molto importante che questa domanda sia, sin dall'inizio, circoscritta ad un dominio strettamente pedagogico/educativo.
Un consulente pedagogico, per la mia impostazione costruita con la formazione, l'esperienza e la libera ricerca, non è un medico, uno psicologo, un assistente sociale. Pertanto è molto importante definire cosa sia di competenza pedagogica e cosa no.
Il genitore in realtà chiede di essere aiutato a COMPRENDERE meglio, a VALUTARE la situazione, ad individuare STRATEGIE per far fronte al problema. Come genitori. In pratica si lavora sul livello "progettuale" dell'essere genitore/educatore. Non significa che noi dobbiamo risolvere il problema educativo.
L'attività di osservazione, in tutte le applicazioni sul campo educativo, è importante. Ma non sempre è possibile o necessario condurla. Infatti, come in questo caso, potrei fare un colloquio di orientamento genitoriale lavorando sul linguaggio, sui significati, utili al piano pedagogico, dichiarati dai genitori in una determinata situazione.
L'importante è, dal mio punto di vista, evitare di fare diagnosi, letture, interpretazioni di tipo pseudo-psicologico. Non sono di nostra competenza e peraltro, per il lavoro educativo non ci servono. Possono però essere molto utili le informazioni provenienti da altri operatori (psicologi, neuropsichiatri, et.).
Le soluzioni devono essere trovate dai genitori stessi.
Un ultimo punto. Evitare di ricoprire, con gli stessi genitori il ruolo di pedagogista consulente e insegnante. Sono due piani d'azione differenti e possono determinare problemi legati al conflitto di interessi o generare confusione.

Buon lavoro e a presto.

12 aprile 2008

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