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Formazione, mondo del lavoro e cultura pedagogica.......

domande e risposte > Domande educatori/insegnanti

Lucia M. - 24/01/07

Domanda: Formazione, mondo del lavoro e cultura pedagogica.......

Carissimi,
sono una pedagogista, laureata da anni in Scienze dell'educazione con alle spalle un master di Pedagogia clinica (ISFAR);
ho esperienza con minori, handicap, anziani, gruppo-adulti, adolescenti, formazione docenti, ma purtroppo nella realtà in cui vivo (Cagliari) tutto questo non basta!!!
oggi chi è laureata deve cominciare a pensare ad un master da frequentare per potersi distinguere dagli altri e chi invece ha già un master deve pensare a seguirne un secondo!!!
tutto ciò è veramente misero!! non riesco a trovare un lavoro, devo per forza aspettare le selezioni pubbliche dei vari comuni e dato che le graduatorie hanno validità di due o tre anni anche queste sono veramente poche... eppure la società dice che ha una grande difficoltà a comunicare con gli adolescenti, ad affrontare problemi relativi agli abusi, ritardi del linguaggio, disturbi di apprendimento, difficoltà di relazione, bullismo, integrazione dei disabili ecc, ecc. Perchè non impiegare queste grandi forze creative date da tantissimi educatori? perchè non impiegargli per esempio nella scuola? nella società in genere?

Ho provato a inviare progetti educativi nelle scuole ma solo pochi si sono presi la briga di rispondere che per il momento non erano interessati a quei progetti (è già qualcosa!!!) altri infatti non hanno dato neanche segni di vita... Il mio sogno sarebbe quello di aprire un centro pedagogico-clinico dove fornire servizi centrati sulla persona, sul recupero scolastico, educativo ecc attraverso l'arte, la musica, il gioco, il movimento, la creatività... ma come mi posso "imbarcare" in un progetto del genere con la crisi italiana di questo periodo? lei può darmi qualche dritta? qualche consiglio?

cmq per non risultare troppo noiosa, volevo ringraziare la sua disponibilità ad ascoltarmi, e nell'attesa le porgo i miei migliori saluti

a presto Lucia.


Risposta

Gentile dott.ssa Lucia M. comprendo chiaramente il suo più che legittimo sfogo ed a lei io mi unisco. Ma le cause di questa situazione sono a mio avviso rintracciabili nella scarsa volontà politica (dove cittadini ed istituzioni sono anch'essi corresponsabili).
Invii curriculum alle cooperative sociali, agli enti locali, ai centri riabilitativi privati e pubblici.
Una considerazione sulla progettazione.
Per quanto ho potuto osservare la maggior parte dei progetti in ambito scolastico e sociale, in pratica, tendono a concentrarsi sui sintomi e questo non permette di incidere significativamente anche su ciò che ruota attorno ai bambini ed alle bambine in difficoltà (famiglia, scuola, servizi sociali e sanitari).
Il disagio o la difficoltà di un minore è un problema della comunità intera e non solo della famiglia. Spesso dietro un disagio si intravedono serie responsabilità (principalmente educative) anche della Scuola (scarsa comunicazione con la famiglia, disorganizzazione interna, etc.) e dei Servizi Socio-Sanitari (in certe situazioni troppo lontani dalla reali esigenze della famiglia).
Un buon progetto dovrebbe coinvolgere e attivare ciò che ruota attorno ad un minore. Non è facile ma ci sono tente esperienze che dimostrano che ciò è possibile. La parola chiave è quindi co-progettare con tutti gli attori responsabili della cura dei minori.
L'idea di un centro pedagogico clinico è ottima purchè sia alternativo e dia risposte su un piano realmente pedagogico (e non solo psico-socio-sanitario). E credo che oggi ce ne sia realmente bisogno.

In bocca al lupo e grazie a lei.

27/01/2007

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